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Panorami in Val d'Arda (29/04/2007)
Arrivo a Fiorenzuola alle 8.55. Prima di partire per il giro ci vuole però una buona colazione.
Giunti in piazza troviamo due bar.
Ma quale scegliere? Presto fatto.
Gli ormoni degli 8 maschi del gruppo non possono che lasciarsi guidare dall'avvenente creatura (secondo le fanciulle un po' plastificata !!!) dalla bionda chioma che, parcheggiata l'auto, con incedere poco appariscente attraversa la piazza ed entra nel bar che sicuramente avremmo scelto per fare colazione.
Il tempo per un controllo veloce ai mezzi, o per proteggersi con abbondanti dosi di crema solare, e tutti in sella direzione Carpaneto Piacentino. La strada non è il massimo quanto a traffico, ma con qualche deviazione su strade secondarie i primi 13 km scivolano via. Da Carpaneto, lungo la Val Vezzeno, seguiamo le indicazioni per Gropparello, prima tappa della giornata. Finalmente la strada comincia a salire e il paesaggio si fa più interessante. Lussureggianti e verdi colline ci accompagnano lungo il tragitto non senza riservare qualche sorpresa: una fabbrica di barche d'altura ci desta più di una perplessità per la sua ubicazione.
Senza particolari problemi giungiamo in vista di Gropparello e del suo Castello, posto su un promontorio roccioso che strapiomba sul torrente Vezzeno.
Dopo una breve sosta, proseguiamo il nostro giro spostandoci sull'altro versante della Val Vezzeno verso Castellana: dopo un paio di chilometri troviamo sulla destra uno strano 'sasso' che emerge dal verde circostante e presenta, vagamente, un profilo umano. E' lui, Piplon, un diavolo un po' troppo ingenuo. Piplon, (ma il nome e' quello che gli ha affibbiato in seguito la gente del posto: una derivazione da 'Giuseppe') e' un diavolo innamorato di una giovane donna dei dintorni, Gesandra. Ma questa lo respinge. Allora si presenta, bardato con mantello ed elmo, che gli servono per nascondere le sue caratteristiche fisiche di demonio in veste umana, a Gesualdo, un frate che gode di grande seguito. Gesualdo pero' non ci casca e lo invita a ripresentarsi di li' a sette giorni. Il frate si mette a lavorare su uno sprone roccioso scolpendo un volto umano simile al proprio. Alla scadenza dei sette giorni i due si incontrano. Il frate dice che la giovane lo sposera', ma fra sette anni purché egli l'attenda immobile sui dirupi aldilà del Vezzeno.
"Io rimarrò alle vostre spalle -soggiunge il frate- Un vostro minimo movimento romperà il patto".
Piplon accetta, perche' per lui i sette anni sono poca cosa. Si siede e comincia ad aspettare. Passano i giorni e il diavolo sta li', immobile: Gesualdo, in realta' la sua statua, lo controlla. Passano i giorni e i mesi, foglie, polvere, terriccio, ghiaccio lo ricoprono e cosi il diavolo grullo diventa roccia. Scaduti i sette anni Piplon tenta di muoversi ma non e' in grado di farlo. La bella Gesandra, salvata da fra Gesualdo, andò sposa di un giovane che sapeva coltivare il "besegano", al punto di rivestire di vigneti le ridenti colline della Val Vezzeno.
Proseguiamo il nostro cammino per raggiungere Velleia (460 metri sul livello del mare, nell'amena valle del Chero) e la sua zona archeologica definita da alcuni esperti come la "Pompei del Nord Italia".
Il nome deriva dalla tribù ligure chiamata Veleiates, che popolava questa zona. Fu prospero municipio romano ed importante capoluogo amministrativo di una vasta area collinare e montana confinante tra Parma, Piacenza, Libarna (Serravalle Scrivia) e Lucca. La presenza nel territorio di acque saline, che i romani hanno sempre saputo sfruttare con ingegno, aiutò senz'altro lo sviluppo urbano in cui è possibile individuare vari edifici termali. Questa risorsa naturale, insieme alla tranquillità del luogo, fece di Veleia una meta prediletta di villeggiatura per vari consoli e proconsoli provenienti da Roma,
Tra i vari monumenti venuti alla luce: le terme, il foro, con un bel lastricato in arenaria, la basilica, a pianta rettangolare e a navata unica dov'era collocata la celebre Tabula Alimentaria, il grande quartiere abitativo e, a poca distanza, i resti di un edificio a pianta circolare identificato come serbatoio d'acqua.
La tranquillità e il fascino del luogo rapiscono anche noi, ma il tempo scorre inesorabile e veloce ed in breve è già ora di rimettersi in marcia. La meta prefissata per la sosta pranzo è il Parco del Monte Moira (alt. 1000 circa). Infilata una strada secondaria, il capogita suggerisce una deviazione su una sterrata che sembrerebbe accorciare di qualche kilometro il percorso. Sia perché i morsi della fame cominciano a farsi sentire sia per la fiducia conquistata in questi mesi, la truppa accetta senza problemi la deviazione.
Si sa però le scelte azzardate non sempre pagano !!!!
In breve la strada assume pendenze proibitive. Il gruppo si sgrana e diversi sono costretti a salire a spinta. Il più penalizzato risulta Alberto e la sua "reclinata", decisamente non adatta al tipo di strada (perdonami !!!!).
Con grande sorpresa del capogita gli insulti tutto sommato sono pochi e, dopo una pausa per riprendersi dallo sforzo, affrontiamo l'ultimo impegnativo tratto di salita nel silenzio dei boschi.
Vista la difficoltà di Alberto, con dispiacere e non volendo mettere in pratica la teoria dell'abbattimento in loco per chi non ce la fa, il capogita suggerisce di dividersi. Studiato un percorso meno impegnativo, ci diamo appuntamento a Morfasso per il pomeriggio.
Percorsi una decina di chilometri giungiamo nel cuore vero e proprio del Parco: la strada spiana e la presenza di numerose strutture per la sosta e le colazioni all'aperto preannuncia che il rifugio del Parco è ormai vicino.
Finalmente possiamo rifocillarci e riposare.
La seconda parte del giro è quasi tutta in discesa per rientrare verso Fiorenzuola.
Significativo il quasi ammutinamento della truppa allorché, scendendo verso i 600 m di Morfasso, il capogita imbocca ad un bivio una strada in salita. Complice forse la stanchezza, la truppa manifesta un rifiuto psicologico e pensa trattarsi di un simpatico scherzo. Ma non è cosi (anche perché la salita da affrontare è poca cosa per i nostri superallenati eroi). Lo scollinamento è necessario per entrare in Val d'Arda.
(Da citare, anche se ormai sta diventando un'irrinunciabile tradizione, il consueto problema alla catena della Cinelli di Laura).
Giunti a Morfasso, non senza il brivido di essere quasi investiti da un "minchione" su una Subaru che pensava di partecipare ad un rally, ritroviamo il nostro "reclinato" intento a rifocillarsi in un bar del paese.
Da Morfasso, lungo una strada a mezza costa, percorriamo in discesa tutta la Val d'Arda attraversando piccoli insediamenti, boschi e con traffico inesistente fino a giungere a Lugagnano. Qui la civiltà ci riporta alla realtà del traffico domenicale.
Giunti a Fiorenzuola, classico Happy hour a chiusura della bella e impegnativa giornata.
Le foto si trovano qui http://www.emmexx.it/Luca/foto/index.php?album=2007%2F Album: Panorami in Val d'Arda Password: parcomontemoria Bye, Luca Ps: come consuetudine, un grazie ad Estelle per il suo contributo fotografico
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