Intervento del presidente di Fiab CICLOBBY pubblicato sul notiziario 1/2009.
Grandi opere e Ciclabilità
Ci sentiamo chiedere spesso: “Ma voi, siete favorevoli o contrari alle grandi opere? Le considerate un bene o un male? Consumo di suolo o opportunità di sviluppo sostenibile?”. E’ una domanda impegnativa alla quale è difficile dare una risposta secca. Dipende da come vengono concepite e realizzate.
Nella nostra prospettiva, crediamo intanto che le cd. “grandi opere” non possano limitarsi a divorare spazio e soldi pubblici ma, per costituire una effettiva opportunità, devono sin dalla fase di progetto e già durante la realizzazione riconoscere le esigenze della mobilità sostenibile.
Stazioni ferroviarie ed aeroporti, uffici pubblici, scuole, padiglioni fieristici, strade... devono assicurare anche a chi sceglie la bici la completa accessibilità e fruibilità degli spazi, in piena continuità con la rete ed il territorio circostante, senza creare fratture.
Non possiamo accettare che si attenda ogni volta che venga acceso il semaforo verde per i finanziamenti alla ciclabilità, distrattamente considerati come investimenti “a perdere”, privi di priorità o del tutto subordinati ad altri.
Né continuamente subire il ritardo cronico che caratterizza gli interventi a favore della mobilità ciclistica, i cui progetti sono pure in molti casi realizzati in modo palesemente inadeguato.
Dobbiamo pensare che la bici è un mezzo di trasporto con pari dignità rispetto ad altri, ma molto più virtuoso di altri: per questo il tema della viabilità non può limitarsi a considerare le esigenze del traffico privato motorizzato.
Ed è necessario assicurare a chi sceglie la bici per la propria mobilità quotidiana ogni attenzione e possibile supporto, nel segno delle migliori pratiche conosciute da decenni a livello europeo, ma ancora faticosamente affermate nel contesto italiano. Ciò risponde, ancor prima che a meri adempimenti normativi (si pensi all’art. 14 comma 2-bis Codice della strada; all’art. 16 della Legge Regionale della Lombardia 11 dicembre 2006, n. 2; agli artt. 3 e 6 della Legge Regionale della Lombardia 27 novembre 1989, n. 65) ad esigenze di buon governo del territorio, soprattutto in occasione di interventi così imponenti.
Alla luce di queste considerazioni, ci sono almeno due recenti esempi che possono aiutare a chiarire meglio i concetti sopra espressi: la nuova Fiera e la rinnovata Stazione centrale di Milano.
Sulla
Fiera di Rho-Pero, abbiamo inviato a fine ottobre, insieme a FIAB, Legambiente e altre associazioni,
una lettera a istituzioni ed enti (oltre a Comune e Provincia di Milano, i Comuni di Rho e di Pero, la Regione Lombardia e l’Ente Fiera) muovendo dalla constatazione che, rispetto a tale “
importante struttura che presenta un notevole impatto sia sul piano economico (per gli oneri sostenuti per la sua realizzazione, provenienti anche da denaro pubblico), sia sul piano ambientale e sociale (per gli effetti prodotti su vasta scala nell’area coinvolta) … manca a tutt’oggi qualsiasi presidio a favore dell’utenza ciclistica, non solo a supporto del Polo Esterno ma anche con riferimento alla mobilità sulla rete circostante.
Rho non è più raggiungibile in bicicletta da Pero se non attraverso un percorso che si svolge su strade intensamente trafficate, con tutti i rischi connessi anche per l’incolumità individuale.
E neppure la vastità degli spazi della Fiera sembra prevedere che ai suoi padiglioni si possa accedere in bicicletta, così come manca un parcheggio per le biciclette in funzione della fermata della metropolitana Rho-Fiera”. Abbiamo quindi chiesto di “conoscere quali siano le dotazioni previste per la mobilità ciclistica, il loro stato di attuazione, le modalità e i tempi di realizzazione e definitivo completamento”. La lettera non risulta avere avuto alcuna risposta.
Per quanto riguarda la Stazione di Milano Centrale, l’intervento di ristrutturazione in via di ultimazione, costato milioni di euro, ha lasciato insoluti i vecchi problemi di accessibilità ciclistica.
La più grande stazione ferroviaria italiana è stata infatti completamente rinnovata grazie ad un profondo e costoso intervento di ristrutturazione che ne ha ridisegnato anche molte funzioni per renderla accogliente, moderna e orientata al futuro. E all’alta velocità, che però secondo noi non può essere l’unico parametro di efficienza della rete ferroviaria.
Ma se, in tutta Europa, in occasione di interventi di tale importanza si cerca – sin dalla fase progettuale – di favorire in ogni modo la mobilità sostenibile, con una solida alleanza tra bici e mezzi pubblici, qui ancora una volta la si è dimenticata.
Già nel novembre 2007, insieme all’associazione VAS, con una lettera al Sindaco Moratti avevamo chiesto conto del perché si fosse persa questa opportunità per inserire una Bicistazione (punto di noleggio, deposito, riparazione, assistenza alle bici e ai ciclisti), rendendo finalmente agevole lo scambio modale tra treno e bici.
La risposta del Comune, otto mesi più tardi, (giugno 2008) fu emblematica: la proposta veniva ritenuta assolutamente pertinente e, in vista dei necessari approfondimenti, si preannunciava l’avvio di un confronto con Grandi Stazioni per individuare possibili soluzioni. Lo stesso Comune nella risposta aveva messo le mani avanti precisando che “lo stato di avanzamento del progetto di riqualificazione, tuttavia, (…) non consentirà rilevanti modifiche in corso d’opera; le scelte della pubblica amministrazione sul tema delle bicistazioni, d’altra parte, sono cambiate nel corso di questi anni mentre il progetto di riammodernamento della stazione risale ormai a tempi meno recenti (…) Vi sono comunque alcune opportunità e si sta lavorando per ottenere i migliori risultati possibili”. In compenso, il Comune annuncia che di bicistazioni Milano ne avrà prossimamente addirittura sette (ma noi sappiamo ormai bene che… “il futuro è sulle ginocchia di Giove”).
Del confronto annunciato con Grandi Stazioni non ci è mai stato dato conoscere gli sviluppi, che peraltro, a giudicare dai risultati, non devono essere stati particolarmente significativi.
Chi accede alla Stazione Centrale di Milano in bicicletta, dunque, che tipo di accoglienza trova?
Nessun parcheggio coperto, ascensori vietati, nessuna canalina per agevolare la salita lungo le scale fisse, tapis roulant di difficile accessibilità specie per le bici cariche dei cicloturisti (ma in qualche caso anche per altri utenti), treni a lunga percorrenza inavvicinabili.
Come si possono continuare ad ignorare le istanze a favore della integrazione tra bici e trasporti pubblici?
Perché le società del Gruppo Ferrovie dello Stato e le Istituzioni (a partire dalla Regione Lombardia) continuano su questi temi a fare orecchie da mercante?”. Si tratta, verosimilmente, di altri quesiti destinati a restare senza risposta.
E’ evidente che, con queste premesse e allineando anche gli altri segnali che quotidianamente giungono, se manca una funzione autorevole della politica orientata al bene comune e una competenza progettuale sensibile ed attenta a questi temi, non lascia ben sperare per il futuro della nostra città, in termini di consumo di suolo e cementificazione del territorio, un evento della portata di Expo 2015, che potrebbe sì, in linea di principio, essere una opportunità di rilancio nel segno della sostenibilità, ma rischia invece, assai più concretamente, di essere governato soprattutto da logiche affaristiche che si sono già viste applicate in altre occasioni. Con effetti pesanti, non reversibili e francamente non desiderabili.
Eugenio Galli