Il costruendo parcheggio, figlio di una mentalità oscena che non esita a strappare le pagine dei libri di storia nel nome di un malinteso senso del progresso, è il parto mostruoso di una cultura auto-centrica.
Quel parcheggio (come quello di piazza Meda e sotto la Darsena) non solo costituisce un insulto alla storia milanese, ma neppure rappresenterà un fattore di decongestionamento del traffico: anzi, quanti saranno gli automobilisti invogliati ad assaltare il centro con la speranza di trovare il posto auto? Con quali effetti sul traffico e sull'inquinamento? E che dire dei costi? Inutile sostenere che, col project financing, il pubblico (e quindi i cittadini) non sborsa un centesimo: si tratta comunque di risorse scarse e dell'utilizzo di beni appartenenti alla collettività.
Così, mentre le migliori esperienze insegnano che i parcheggi auto vanno portati all'esterno e si deve favorire l'interscambio col mezzo pubblico, qui a Milano si va in direzione opposta: si portano i flussi di traffico dritti dritti all'interno della città.
Per giunta in aree di grande pregio storico, architettonico, ambientale, culturale.
Dicono che "giuridicamente non c'è più nulla da fare".
Perché, cosa è stato fatto prima?
Quali passaggi pubblici, quali possibilità di intervento, quale trasparenza è stata assicurata su queste opere?
Perché si è decisa proprio quella (e non altra) collocazione?
A questi nodi irrisolti non è possibile dare risposte di fortuna.
Né, come cittadini, è giusto rassegnarsi.
Eugenio Galli (presidente Fiab CICLOBBY onlus)