posted by Presidente on 09/02/2011
L’appuntamento con la scadenza dei 35 giorni di “bonus” concessi ogni anno per il superamento delle soglie consentite di inquinamento atmosferico da polveri sottili sembra sempre più essere uno di quei ritornelli irrinunciabili che periodicamente caratterizzano il dibattito sui media. Quasi alla stessa stregua dell’affollamento sulle piste da sci (in inverno) o sulle spiagge (d’estate), sui flussi di esodo e controesodo nelle autostrade italiane in occasione delle vacanze di agosto.
Eppure, quei trentacinque giorni segnalano non solo un limite auspicabilmente non superabile, sebbene da qualcuno ritenuto astratto e non rispondente al governo di realtà geograficamente “sbagliate”: perché la Pianura padana, si sa, è un catino naturale (da almeno qualche migliaio di anni...).
Quei trentacinque giorni sono un indicatore di efficacia delle politiche ambientali messe in campo dalle istituzioni ad ogni livello, dal nazionale al locale. Della loro capacità di coordinarsi con misure sinergiche. Del grado di rischio epidemiologico che deriva dall’abitare in luoghi nei quali quelle soglie sono sistematicamente superate, con valori anche di due, tre volte superiori alle soglie limite.
Quei trentacinque giorni non sono quindi mero gossip ma ci parlano della nostra salute, che è un bene costituzionalmente protetto e non disponibile. Dunque della nostra vita e della qualità della stessa.
Noi assistiamo attoniti al riproporsi di un dibattito che pare ogni volta uguale: quasi un gioco delle parti scritto su un copione un po’ consunto.
Milano che vanta di essere città all’avanguardia in campo ambientale e cita esempi di altre realtà che stanno peggio (mai che vengano presi a modello gli esempi virtuosi). La Regione che dice di puntare a interventi strutturali. La Provincia che rimprovera l’autoreferenzialità del Comune. Stiamo per giunta parlando, sia detto incidentalmente, di istituzioni governate da persone appartenenti alla stessa area politica.
Intanto, mentre si invitano i privati ad abbassare la temperatura nelle case, per contenere consumi ed emissioni, negli uffici pubblici i termosifoni sono bollenti. Ed è così, ogni volta, da anni. Perché?
Sulla mobilità sostenibile si ripropone un dibattito sterile che segna il fallimento di molte delle politiche sinora messe in campo e conservate a bagnomaria da una classe di governo che dimostra di essere senza una visione dell’interesse collettivo e disattenta anche rispetto alle molte istanze provenienti dalla società civile.
Solo così pare potersi spiegare ad esempio l’immobilismo che si registra su Ecopass, sui suoi destini, sulle modifiche ormai indispensabili per poter garantire l’efficacia di questa misura che, ricordiamolo, è ufficialmente, ancora oggi, allo stadio di “sperimentazione”. Occorre avere il coraggio di renderla stabile e definitiva, trasformandola in congestion charge ed estendendola almeno alla cerchia filoviaria.
Fiab Ciclobby, come altre associazioni, lo ha chiesto sin dall’inizio. Insieme ad altre misure, mai prese in considerazione (si veda a tale proposito il nostro
documento del 2006).
Come ha chiesto interventi concreti a favore della mobilità ciclistica.
Dimenticato il Piano della Mobilità Ciclistica, oggetto di reiterati annunci all’inizio del mandato del sindaco Moratti, abbiamo qualche spezzone di realizzazioni sparse qua e là: nulla di realmente utile, finora. E viceversa un corso Buenos Aires dove si ridisegnano i marciapiedi ma ci si dimentica delle bici. Segno eloquente che non si è ritenuta la bici un asset della mobilità su cui puntare.
Sono tutte questioni non più eludibili.
Perché costringere i cittadini a manifestare il loro scontento protestando o a vivere rassegnati?
Una politica che è solo al servizio di sé stessa o di piccoli gruppi di potere, e non dei cittadini, non risponde alla propria missione e non ha alcun valore aggiunto per il raggiungimento del bene collettivo. Produce soltanto malessere, un senso di estraneità e cumuli di polveri.
Eugenio Galli (presidente Fiab CICLOBBY onlus)