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Quelli che violano la legge...
posted by Presidente on 04/01/2010

Sul Forum del Corriere è apparso nei giorni scorsi un messaggio a proposito della recente manifestazione organizzata da Ciclobby per protestare contro il divieto di transito alle bici del Tunnel porta Nuova.

Ne è scaturito un dibattito e il presidente di Ciclobby è intervenuto con il messaggio riportato a seguire.

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Quelli che violano la legge "per protesta"
Sarebbe ora di finirla con tutta quella marmaglia (quasi semopre di sinistra) che, per "protestare", si ritiene in diritto di violare la legge. Come ciclobby, che, per protestare contro il divieto di accesso alle bici del sottopasso di porta nuova, organizza transiti abusivi, e piazza cartelli (pure abusivi) nel sottopasso. Ognuno potrebbe avere il suo buon motovo per "protestare". E allora la societaà diventa un porcaio!
Quelli di sinistra si meritano una società di sinistra. Così vedremo veramente finire l' illegalità e sbattuti in galera (o in Siberia) tutti i dissidenti
 
Paolo caminati
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Egr. sig. Caminati,
Tralascio tutte le qualificazioni di appartenenza politica che lei usa, brandendole come una clava, anche nei confronti di Ciclobby. Non mi interessa replicare su questo che è, e resta, una Sua opinione. Anche se non condivido nulla di ciò che lei afferma, né il tono di disprezzo che lei utilizza.
Mi fermo ai fatti.
Per farle notare che se c’è qualcuno, in questo caso, che sta violando le norme vigenti, questo è il Comune di Milano che ha sancito, con ordinanza del sindaco, un ILLEGITTIMO DIVIETO di accesso a una categoria di utenti (i ciclisti) su una strada ordinaria urbana (il Tunnel porta Nuova). Illegittimo ai sensi del Codice della Strada in vigore. Questa decisione arbitraria costituisce il nodo “tecnico” della questione che potrà, se lo desidera, approfondire anche sul sito di Ciclobby.
La questione “politica” è poi che vi è una EVIDENTE CONTRADDIZIONE tra gli intenti manifestati a favore della mobilità sostenibile da parte dell’Amministrazione milanese e i provvedimenti in concreto adottati, come in questo caso, per giunta su una strada di nuova costruzione.
 
Noi siamo intervenuti due volte su questo tema: con un comunicato stampa ad agosto, e con una lettera inviata ai responsabili dei lavori ad ottobre. In entrambi i casi non abbiamo avuto alcuna risposta.
Perché dovremmo subire supinamente questa nuova “frattura” creata nella nostra città?
Dopo la manifestazione organizzata da Ciclobby a dicembre confermo che andremo avanti, valutando anche le opportune azioni legali (che speriamo non necessarie, sia perché costituiscono un ulteriore fronte di impegno defatigante, sia perché onerose economicamente: ma, a mali estremi…).
Ognuno si deve assumere le responsabilità proprie.
 
E’ fuori dubbio, peraltro, che i cittadini hanno diritto di chiedere attenzione a temi collettivamente rilevanti, di contribuire a una comune elaborazione culturale, di proporre soluzioni, di criticare le cose che non vanno e anche di protestare quando ritengono violato un loro diritto, senza neppure escludere azioni di disobbedienza civile di cui sono disposti ad assumersi la responsabilità. Si chiama “partecipazione”, ed è un importante esercizio dei doveri di cittadinanza.
E’ quello che la nostra associazione cerca di promuovere, in modo civile e con un continuo esercizio di pazienza e tenacia, da oltre venti anni.
Ma è anche ciò che avviene in qualsiasi democrazia. La Siberia, davvero, non c’entra. Tanto meno il porcaio.
Lei è libero di dissentire, ma almeno selezionando meglio gli argomenti.
 
Ho poi letto la lunga serie di interventi che sono scaturiti, su cui mi permetto qualche osservazione.
 
Si ripropone purtroppo una diatriba di schieramento politico che davvero qui non ha ragione d’essere: la bici non è di sinistra né di destra, ma è un valore per la città e un mezzo per muoversi. Se non si coglie questo aspetto, non si capisce più di cosa stiamo discutendo. E non si va da nessuna parte.
 
Osservo per inciso che mi pare emergere da più parti chi confonde CICLOBBY con il critical mass. Il paragone non mi offende, ma va detto, a onor del vero, che sono due esperienze molto diverse. A partire dal fatto che la prima è un’associazione, con tanto di statuto, organi direttivi, quote di adesione, sede sociale; il secondo è un movimento fluido e privo di soggetti rappresentativi, fatto da incontri di persone che, attraverso coincidenze organizzate, occupano le strade in bicicletta (solitamente il giovedì sera). La bici è dunque un denominatore comune di esperienze che si declinano in modo differente.
 
Qualcuno si chiede che problema ci sia nello scendere e portare la bici a mano per qualche decina o centinaio di metri.
Ma immaginate per un istante che un simile trattamento venga imposto a chi sta guidando la propria auto, d’improvviso costretto a scendere e spingerla a piedi sulla base di provvedimento immotivato dell’amministrazione! Non credo che la cosa passerebbe sotto silenzio…
 
Altri suggeriscono ai ciclisti di portare pazienza (come se non avessimo pazientemente atteso in tutti questi anni…) e attendere la fine del cantiere, prevista per il 2012, quando in superficie vi sarà un’area ciclopedonale di 160.000 mq con 2 km di piste ciclabili (stando al progetto).
Obiezione non condivisibile per due ordini di motivi.      
Primo: che si fa da qui al 2012? Chi oggi dalla zona del Cimitero Monumentale vuole recarsi in bici verso Porta Venezia, che cosa deve fare? E cosa fa il ciclista che arrivando da viale della Liberazione intende proseguire verso il Monumentale o deve recarsi alla Stazione Garibaldi? Mettiamo per ora da parte ciò che sarà in futuro quell’area, a lavori ultimati, ma oggi “dove va la bici?”. Oggi, non nel 2012!
Una città che pensa alla mobilità dei ciclisti, lo fa anche nelle situazioni di cantiere. Mentre neppure il “percorso pedonale provvisorio”, sommariamente indicato da alcuni tabelloni in prossimità del cantiere, si rivela adatto al passaggio in bici, in qualche caso entra anzi in conflitto con le esigenze della mobilità pedonale, e comunque non rappresenta in nessun caso una valida alternativa al tunnel che resta l’unico collegamento diretto esistente tra un importantissimo punto di generazione per il traffico ciclistico come la stazione di Porta Garibaldi ed una delle zone più attrattive di Milano (Inps, Esatri, Uffici comunali, Università, etc etc).
Secondo punto: il futuro. Noi riteniamo che il ciclista, anche a cantiere terminato, debba poter scegliere, in base alle proprie esigenze, il percorso più opportuno, più lungo o più breve anche in relazione al tempo disponibile: la bici non è solo mezzo di svago, ma anche, insistiamo, un comodo ed efficace mezzo di trasporto. Non si vede perché gli automobilisti possono usare una strada dritta, mentre ai ciclisti si impongano percorsi tortuosi e vaghi. Impregiudicata quindi l’accessibilità dell’area ciclopedonale, non riteniamo che essa debba rappresentare una alternativa secca alla percorribilità del tunnel, che va garantita in condizioni di sicurezza e parità con gli altri utenti della strada.
 
La bici non è una cenerentola, ma un mezzo di trasporto con pari dignità rispetto agli altri. Certamente più virtuosa di altri, visto che non ha bisogno di infrastrutture pesanti, imponenti, complesse e costose. Ma di un’attenzione dedicata e costante, questo sì. Ed è ciò che, in questo caso, vistosamente manca.
Occorre prendere atto che a Milano, in confronto a qualunque altra città europea e a molte altre città italiane, la mobilità ciclistica è rimasta al palo. Con alibi di volta in volta diversi.
 
Eugenio Galli (presidente Fiab CICLOBBY Milano)
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