E’ stato inaugurato a luglio
davanti alla stazione di Milano Porta Garibaldi il primo tunnel ecologico.
Si tratta di 285 metri di strada in galleria, a doppia carreggiata e a quattro corsie, per collegare il futuro parco di Porta Nuova con l'area pedonale di corso Como.
L’aggettivo “
ecologico” che affianca il sostantivo “
tunnel” è probabilmente dovuto al fatto che, a lavori completati, sotto passeranno le auto e sopra ci sarà un’area ciclopedonale di 160.000 metri quadrati, con addirittura ben 2 km di piste ciclabili. Un’area nella quale, come annunciano i progettisti, “sono stati applicati i più avanzati criteri di sostenibilità ambientale”.
Chi volesse saperne di più può navigare il sito
http://www.porta-nuova.com/it/progetto/spazi-verdi/ e anche cercare la scheda di progetto presente sul sito del Comune
http://www.comune.milano.it/urbancenter Tutto molto interessante, se non fosse che,
da qui alla fine dei lavori, prevista per il 2012 (!), sono molti i ciclisti che si interrogano su quale strada debbano percorrere per essere sicuri di poter sopravvivere, che è poi uno degli obiettivi che ci si deve dare almeno per conservare la speranza di approfittare, in seguito, della nuova ciclabilità.
Chi oggi dalla Stazione Garibaldi o dalla zona del Cimitero Monumentale deve recarsi in bici ad esempio verso Città studi, che cosa deve fare? Arrivando da viale della Liberazione dove va il ciclista, se vuole proseguire verso il Monumentale? O se deve recarsi in stazione?
Impregiudicato il futuro, la domanda è dunque:
dove va la bici, oggi?.
Oggi, insistiamo,
non nel 2012.
Il tunnel, lo abbiamo percorso appositamente in questi giorni (oltretutto con un traffico ridotto ai minimi) in entrambe le direzioni, non ha alcun tipo di previsione né di protezione per chi si sposta in bici, come appare anche dalle foto che pubblichiamo sul sito.
Esiste un percorso pedonale provvisorio (che abbiamo provato ad utilizzare, con una violazione consapevole delle norme), stretto e non molto agevole, riprodotto anche su un tabellone non immediatamente comprensibile posto davanti all’uscita della Stazione Garibaldi.
Ma, anche in questo caso, nulla per la bici.
Nulla, neppure se provvisorio: il ciclista tanto si arrangia, come al solito.
Anzi,
formalmente l’accesso al tunnel ecologico sarebbe, più che sconsigliato, addirittura vietato alle bici: il segnale verticale di indicazione a sagoma quadrata, con disegno di un veicolo bianco su fondo blu, posto in prossimità dell’ingresso al tunnel, denota per l’appunto una “
strada riservata ai veicoli a motore”. Ma non vengono segnalate alternative per i veicoli “non a motore”.
Il ciclista che prosegue, avventurandosi sotto il tunnel, lo fa dunque a proprio rischio e pericolo, fra l’altro anche contravvenendo al Codice della strada, con auto e pullman che gli sfrecciano accanto in velocità, mentre alla sua destra – nella corsia che procede significativamente in direzione del cimitero – un jersey di cemento invalicabile, lungi dal proteggerlo o consentirgli uno sfogo laterale, gli assicura in caso di incidente di fare la fine del prosciutto nel panino imbottito. Molto poco ecologico.
Allora, lo diciamo ancora una volta:
una città che pensa alla mobilità dei ciclisti, lo fa anche nelle situazioni di cantiere, cioè in situazioni che dovrebbero essere per definizione transitorie (eccetto, nell'immaginario meneghino, "
la fabbrica del domm").
E salvo i casi di comprovata impossibilità – dove si può star tranquilli che la bici non è prevista perché non ci deve andare, e non per dimenticanza di qualcuno – nei quali peraltro
si deve fornire al ciclista un percorso alternativo, praticabile e segnalato.
In definitiva, in questo come negli altri interventi che coinvolgono la mobilità urbana (cantieri, deviazioni, lavori stradali e sim.), specie se di lunga durata, la domanda che un ipotetico Ufficio della mobilità ciclistica – di cui peraltro Milano è priva – dovrebbe sempre porsi è la seguente:
E la bici dove va?.
Se non fossero bici, ma auto, siamo certi che il problema ce lo si porrebbe in anticipo.
La bici non è una cenerentola, ma un mezzo di trasporto con pari dignità rispetto agli altri. Certamente più virtuosa di altri, visto che non ha bisogno di infrastrutture pesanti, imponenti, complesse e costose. Ma di un’attenzione dedicata e costante, questo sì. Ed è ciò che, in questo caso, vistosamente manca.
Possiamo confidare in un riscontro di attenzione, prima della fine dei lavori?