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Ed è subito strage!
posted by Presidente on 12/05/2009

"Clamorosa scoperta! Le persone che cadono dal decimo piano raramente restano illese. A differenza di quanto accade quando le stesse siano munite di paracadute o scelgano la via dell’ascensore…"
 
Se si volesse tradurre con un paradosso la notizia che è stata lanciata dalla stampa, con vasta eco mediatica e annessa scia di polemiche, questo potrebbe forse essere più o meno il messaggio risultante.
Un messaggio che fa sì sobbalzare qualcuno sulla sedia, suscita alcune preoccupazioni e qualche allarme non necessariamente giustificato, ma soprattutto non aiuta a fare chiarezza sulle molte fondate questioni che affliggono il nostro Paese in tema di sicurezza stradale. Dunque, colpisce ma non offre maggiori informazioni.
 
Da dove vogliamo partire? Innanzitutto da una analisi delle cifre. E da qualche proposta.
 
Riportiamo alcune considerazioni di Edoardo Galatola che, per FIAB, si occupa dei temi della sicurezza stradale.
 
Dice Galatola: “Il problema dell'incidentalità stradale è sicuramente di attualità e bene fanno gli organi tecnici quali l'ASAPS e gli organi di stampa a darvi la massima rilevanza. A maggior ragione è importante sottolineare che la protezione degli utenti deboli della strada è una delle priorità da affrontare a livello nazionale.
 
Il tema può però risultare fuorviante se, confondendo cause con effetti, viene presentato come il problema della pericolosità ad andare in bicicletta. È bene pertanto partire da qualche dato di fatto.
 
La riduzione dell'incidentalità stradale è stata richiesta a livello comunitario come obiettivo primario per tutti i Paesi membri ponendo l'obiettivo di dimezzare morti e incidenti dal 2000 al 2010. In Italia, c'è stata una riduzione degli incidenti, anche se non sufficiente per raggiungere l'obiettivo prefissato.
 
In particolare, il problema principale in Italia sono i centri urbani in cui si verifica il 44% dei morti ed il 77% degli incidenti (in controtendenza con l'Europa). Inoltre le aree urbane sono quelle caratterizzate dalla minore riduzione di incidentalità. Il confronto con le aree urbane di altri Paesi è addirittura impietoso. In città, infine, gli incidenti gravi interessano principalmente pedoni e ciclisti”.
 
Cosa si vuol dire fin qui? Che non ci sono grosse novità. Che l’Italia ha la maglia nera in fatto di sicurezza stradale. Che le statistiche indicano chiaramente come siano proprio le strade urbane quelle maggiormente pericolose e bisognose di interventi. E che, ovviamente, complice la velocità, i primi a farne le spese sono i meno protetti: dunque i pedoni e i ciclisti.
 
E prosegue Galatola: “Se analizziamo nel dettaglio gli incidenti a pedoni e ciclisti notiamo un andamento sostanzialmente costante (nell'ultimo anno si è registrato un aumento di morti per i ciclisti ed una riduzione per i pedoni); per quanto riguarda gli infortuni, al contrario l'aumento è stato costante con una leggera riduzione nell'ultimo anno analizzato.
 
Il leggero aumento di incidentalità ai ciclisti va però analizzato con un significativo incremento dell'utenza ciclistica dello stesso periodo.
 
Se consideriamo i dati ISFORT, si è passati negli ultimi 5 anni da circa 4 miliardi di km/anno percorsi dai ciclisti ai 6 miliardi del 2007. Di conseguenza gli incidenti per chilometro percorso sono in costante diminuzione (60 morti per miliardo di km percorsi contro i 70 del 2000).
 
Mentre, prosegue Galatola, è “fuorviante analizzare solo il dato del tasso di mortalità (numero morti per 100 incidenti).
Risulta infatti che il valore medio per tutti gli utenti della strada (5131 morti su 230871 incidenti) è pari a 2,2. Anche per i ciclisti il tasso è 2,2 (352 morti su 15700 incidenti registrati); per i pedoni il tasso è pari addirittura a 3, mentre per i motociclisti è 2.
E’ evidente che paragonare il tasso di mortalità complessivo di un ciclista (investito da una macchina) con quello dell'automobilista che lo ha investito è di per sé poco significativo.
E per giunta, essendo ancora superiore il tasso di mortalità per i pedoni, cosa se ne dovrebbe ricavare? Che è più sicuro spostarsi in carro armato?”.
 
In altri termini: essendo aumentati i ciclisti in circolazione, e i chilometri percorsi in bici, le cifre di incidentalità non possono fare a meno di considerare queste fondamentali variazioni della popolazione di riferimento. Per una corretta applicazione dei principi di statistica, che non consentono di fare confusione tra valori assoluti e relativi.
 
“È bene non dimenticare infatti – continua ancora il responsabile sicurezza FIAB Edoardo Galatola – che è stato calcolato che il numero di anni di vita guadagnati come risultato dell'uso regolare della bicicletta è 20 volte maggiore degli anni perduti dai ciclisti negli incidenti stradali.
Risulta invece interessante confrontare i dati di incidentalità con un altro indicatore, ovvero la composizione modale del traffico. Infatti c'è una correlazione tra aumento della ciclabilità e riduzione dell'incidentalità. Questa correlazione è ancora più sorprendente se si verifica che, a seguito di un aumento significativo del numero dei ciclisti (oltre il 12-15% di composizione modale) si registra una diminuzione delle morti di tutti gli utenti della strada. Ovvero l'intero traffico diventa più sicuro”.
 
Dopo l’analisi, qualche proposta: più bici sulle strade, più controllo sulla velocità.
 
Ancora Galatola: “Cosa fare allora per ridurre l'incidentalità? Due interventi su tutti.
Il primo lo abbiamo già individuato, ovvero intervenire sulle politiche della mobilità (in Germania si sono posti l'obiettivo di raddoppiare la composizione modale dal 10 al 20%; per noi già il 15% sarebbe un traguardo notevole). Il sistema della mobilità, infatti, non si autoregola.
Il secondo intervento, e forse più importante, è quello della moderazione del traffico. Quindi, tra gli interventi prioritari, le “zone 30 km/h” devono essere regola e non l'eccezione, prioritarie anche rispetto alle piste ciclabili. Altro principio fondamentale è garantire il non superamento dei 50 km/h in città, come già previsto dal codice della strada.
A queste condizioni la sterile ricerca di chi è la colpa di un incidente (se c'è un incidente ci sarà sempre qualcuno che ha sbagliato qualcosa) diventa irrilevante, dato che a basse velocità di impatto la gravità degli effetti si riduce sino ad annullarsi”.
 
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