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La sicurezza stradale secondo Ostellino
posted by Presidente on 31/07/2007

La replica che Piero Ostellino, dalle pagine nazionali del Corriere (30.07.2007), ha riservato alla lettera del ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi (“Senza autovelox è peggio”) lascia esterrefatta qualunque persona di buon senso. E fa l’en plein con l’opinione espressa dall’insigne giornalista sabato 28 luglio nella rubrica Il Dubbio, sotto il titolo “Lo Stato e l’autovelox come strumento della lotta di classe”.
 
Secondo l’apodittica tesi di Ostellino (il quale rivendica di poter citare statistiche - quali? - che relegano a poco più del 10% gli incidenti causati dalla velocità) “Dire che la velocità uccide non è individuare una causa, ma elaborare una teoria politica: per risparmiare energia o per far soldi con le multe”.
 
Che la velocità, insieme al mancato rispetto delle distanze di sicurezza, costituisca la causa più importante degli incidenti di rilevante gravità non è il frutto di una elaborazione politica ma innanzitutto la mera constatazione degli effetti della fisica del moto dei corpi. La rilevanza statistica che la velocità gioca nel produrre incidenti gravi è testimoniata da analisi e studi documentati, non solo italiani, assai difficilmente revocabili in dubbio con battute ad effetto.
 
Giova ricordare che, solo qualche mese fa, alla fine di aprile, si è tenuta la “Prima Settimana Mondiale della Sicurezza Stradale”, sotto gli auspici delle Nazioni Unite, e anche in quel contesto è stato evidenziato che “la velocità è, nella maggior parte dei Paesi, il fattore che più contribuisce alle lesioni da incidente stradale”.
 
Se poi Ostellino vuole dire che la velocità da sola non basta perché, per la produzione di un danno concreto, serve anche la complicità di altre circostanze, quali, ad esempio, una distrazione, un imprevisto, l’asfalto bagnato, la posizione degli astri, una sfortunata coincidenza che ha fatto sì che Tizio passasse proprio da quel luogo e in quel momento, come per un tragico appuntamento con il destino, allora si rasenta la banalità. Con questa teoria, abbandonata ogni aderenza scientifica e regola di esperienza, si potrebbe arrivare anche a una regressione all’infinito delle cause, coinvolgendo nel processo causale persino situazioni del tutto remote ed ingovernabili.
 
Se per sicurezza si intende innanzitutto la prevenzione di un danno possibile, allora bisogna dire che è compito della pubblica autorità e dell’intera comunità civile adoperarsi in ogni modo per combattere le stragi che quotidianamente rendono le strade italiane (anche urbane) le più insanguinate d’Europa, con costi umani e sociali incalcolabili. Statistiche che dovrebbero far arrossire di vergogna il nostro Paese (e anche certi giornalisti, le cui tesi sono in singolare consonanza con quelle di alcune case di produzione automobilistiche).
 
Io non so dove viva Piero Ostellino. Ma se abita in Italia e frequenta le nostre strade allora credo che gli sarebbe sufficiente osservare con attenzione e in modo obiettivo la realtà senza anteporre così scopertamente il suo pregiudizio a favore dell’auto.
 
Le risposte della politica si sono sin qui dimostrate tardive e inefficaci, spesso ammantate da logiche ambigue perché non hanno mai voluto (o potuto?) seriamente portare sino in fondo quel “giro di vite” invocato ogni volta di fronte agli ennesimi lutti (in una di tali occasioni l’allora ministro Lunardi equiparò la patente addirittura al porto d’armi).
Ma le iniziative che il ministro Bianchi ha dichiarato, nel citato articolo, di voler perseguire toccano quattro forme di intervento su altrettante aree nevralgiche, che a nostro parere meritano pieno sostegno e adesione: la formazione, l’informazione, le regole e i controlli.
 
Che tutto questo possa essere bollato come mera “teoria politica” e mal digerito dal partito dell’auto-a-tutti-i-costi, che si muove sulle strade all’insegna del “laissez faire, laissez passer” è ben comprensibile. Ma che ciò sia anche sufficiente a confutarne la validità ci pare ben lontano dall’essere dimostrato.
 
Certo, non si può continuare con questa emergenza stradale permanente né si può lasciar credere che il problema sia riconducibile solo a qualche scalmanato, meglio se extracomunitario, in preda ai fumi dell’alcol o agli effetti di altre sostanze alteranti. Possibilmente da “febbre del sabato sera”, che sui giornali suona anche più ad effetto.
Ripeto: per rendersene conto basta scendere in strada un giorno qualsiasi e guardare la realtà per come essa immediatamente appare.
 
Eugenio Galli (Coordinatore regionale FIAB Lombardia)
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