posted by Presidente on 28/01/2012
Segnaliamo uno stimolante contributo del prof. Marco Vitale, pubblicato sul Corriere della sera del 25 gennaio 2012.
E’ giusto cambiare abitudini
«L'Italia mi sembra in una situazione difficile. È necessario che voi aiutate il governo, non pensate?». Questo messaggio mi giunge da un amico giapponese e mi pare molto appropriato, leggendo le reazioni dei residenti nel centro di Milano e alcuni commenti relativi alla zona C. È vero. Il governo (nazionale e cittadino) ha bisogno dell'aiuto degli italiani, perché senza questo aiuto non può farcela. E fallirebbe, riaprendo grandi spazi ai tristi personaggi che ci hanno portato a questo livello di disperazione. Ma in cosa può consistere l'aiuto?
Il primo e fondamentale passo è che è necessario interiorizzare un principio molto semplice, quasi banale: nell' interesse comune dobbiamo cambiare molti usi e costumi e riorganizzare le nostre vite su un tenore di vita necessariamente diverso e più basso (anche se non necessariamente qualitativamente peggiore), perché siamo tutti diventati più poveri. Ma non si può pretendere di cambiare, senza accettare le conseguenze del cambiamento. Nel 1957-58, nel corso dell'avvio del mercato comune, un protagonista del processo fu Henri Spaak, importante ministro belga. Un giorno una delegazione di imprenditori italiani si recò da lui dicendo in sostanza: noi siamo d' accordo con il mercato comune, ma abbiamo bisogno di una moratoria per adattare le nostre imprese. Spaak rispose: «Monsieur, il faut vouloir les conséquences de ceux qu' on veut». Questo è il punto centrale. Non si possono volere le cose e non volerne le conseguenze. Eppure questo è l'atteggiamento montante in Italia in tutte le categorie. Dai tassisti ai notai, dai farmacisti ai residenti nella Zona C. Vogliamo salvare l' Italia dal baratro del fallimento? Se lo vogliamo, dobbiamo essere pronti ad accettare le conseguenze di ciò che è necessario fare. Vogliamo migliorare l'aria respirabile a Milano per noi, per i nostri figli, per i nostri nipoti? Allora dobbiamo ridurre drasticamente il traffico privato (insieme peraltro ad altre misure che è bene non dimenticare!). E per ridurre il traffico sono necessarie misure coercitive forti. Non possiamo contare sulla autoregolamentazione dei cittadini, perché siamo tutti diventati troppo viziati, pigri ed egoisti. La Zona C mi sembra rientri in questa categoria delle misure forti e necessarie.
Anch'essa è certamente suscettibile di correzioni, ma io penso che escludere i residenti sarebbe sbagliato ed iniquo. Tutti gli «utenti» di Milano devono contribuire a migliorare la vivibilità della città, a prescindere che siano residenti e dove o non residenti. E tutti devono contribuire alla diminuzione del traffico privato a prescindere dal tipo di vettura o motociclo che usano. Si può discutere la possibilità di correggere alcune iniquità emerse dalla discussione pubblica. Si può discutere se 5 euro (anche alla luce di alcuni raffronti internazionali) non sia una tariffa un po' troppo elevata per chi viene a Milano per lavoro. Soprattutto si può discutere tutto il contorno che deve accompagnare una misura di questo tipo: potenziamento fortissimo dei trasporti pubblici soprattutto nelle ore di punta e nei nodi di interconnessione con le grandi direttrici di traffico dal contado verso Milano; potenziamento fortissimo delle piste ciclabili; lotta durissima alla sosta selvaggia; ampliamento notevole delle zone pedonali. Si può discutere anche della coerenza di tassare fortemente l'ingresso di autoveicoli nel centro e, nel contempo, portare avanti ingentissime opere e investimenti in parcheggi nel centro, come lo sciagurato parcheggio di Sant' Ambrogio.
Bisogna però convincersi che in materie di questo tipo e complessità, così dense di variabili, non esiste la soluzione perfetta. Qualunque provvedimento venga preso, ci saranno sempre e comunque degli aspetti criticabili. Tempo fa presi una posizione negativa sulla tassa d'ingresso in Milano. Sostenni che il metodo delle targhe alterne, programmato continuativamente e per molti mesi (da inizio novembre a fine marzo) forse avrebbe ottenuto risultati simili, con una penalizzazione minore per chi viene a Milano per lavorare. Ma sono sicuro che questa alternativa è stata ben valutata e scartata, sulla base di calcoli e stime affidabili, da parte degli esperti del Comune. E lo stesso deve valere per le altre, non molte invero, alternative possibili. Sarebbe molto utile, interessante ed educativo, conoscere e discutere pubblicamente questi conteggi e stime. Anche per essere certi che non si tratti di una scelta di natura ideologica. Il governo delle nostre città deve diventare sempre più scientifico e fattuale e sempre meno emotivo ed ideologico.
Di certo, quello che possiamo dire è che, per ora, la comunicazione da parte del Comune su questa vicenda è stata un disastro, una grande occasione persa.
Marco Vitale